venerdì 26 luglio 2013

Quando la DROGA è nel frigo

“Per dipendenza si intende un’alterazione del comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca eccessiva e compulsiva del piacere attraverso mezzi, sostanze o comportamenti che sfociano in una condizione patologica, e che l'individuo dipendente tende a perdere la capacità di  controllo sull'abitudine”.
Come abbiamo già sottolineato, dunque, l'oggetto della dipendenza è, nel caso delle nuove dipendenze, un comportamento o un'attività lecita e socialmente accettata.
Tra le New Addictions possiamo quindi annoverare la dipendenza dal Gioco d'Azzardo, da
Internet, dallo Shopping, dal Sesso, e, secondo una recente classificazione, anche dal Cibo.
Per la maggior parte delle persone queste attività rappresentano parte integrante del normale svolgimento della vita quotidiana (cosa c’è di più sano di raccogliersi attorno alla tavola?), ma per alcuni individui possono assumere caratteristiche patologiche, fino a provocare gravissime conseguenze.
Le vie del piacere sono infinite, ognuno può scegliere la propria: qualcuno ha scelto il cibo, come consolazione ai dispiaceri della vita, come risposta allo stress quotidiano o come semplice momento di soddisfazione dei propri sensi.
Fin qui tutto bene, ma se questa attività diventa più di un'occasionale abitudine, cioè una prassi, le cose si complicano, e vengono coinvolti meccanismi fisiologici e psicologici difficili da gestire.
I centri di controllo dell'alimentazione sono localizzati nell'ipotalamo, struttura che regola la sensazione di sazietà e l'assunzione di cibo. Senza addentrarci troppo in meccanismi fisiologici molto complessi, possiamo dire che in una condizione “sana” mangiare è un'azione modulata dal ciclico alternarsi di fame e sazietà: la fame si sviluppa lentamente e periodicamente e, se non si è nelle condizioni di soddisfarlo, il desiderio di cibo aumenta, ma non ci sono condizionamenti delle attività in atto, né compaiono segnali di stress o di bramosia ossessiva.
La dipendenza da cibo (food addiction) ha un percorso leggermente diverso: il desiderio (craving) di cibo spinge a mangiare; dopo aver mangiato segue una fase di soddisfazione durante la quale si percepisce piacere, energia e si ha un aumento dell'attività. Quando il desiderio ricompare, esso si sviluppa velocemente fino a sintomi di astinenza, che condizionano la quotidianità del soggetto.
La periodicità con cui si presenta nuovamente il craving dipende dalla durata dei livelli di alcune sostanze (dopamina e serotonina), e solitamente varia da pochi minuti a qualche ora.
In alcuni momenti della vita, quindi, il cibo, necessario per la sopravvivenza, rischia di perdere il suo aspetto vitale e sano, diventando un problema, tanto da diventare un nemico, e per alcuni un ossessione.
Anche l’immagine idealizzata di una magrezza-bellezza imperante nella nostra società ha paradossalmente contribuito a questa dipendenza, poiché le diete rigide contribuiscono ad  attivare le compulsioni: ciò che è vietato è fortemente desiderato, soprattutto in un mondo in cui tutto è abbondantemente a portata di mano.
Queste nuove forme di dipendenza sono in espansione e mettono radici su incertezze, immaturità, false speranze e sicurezze apparenti. Ci rivelano chiaramente che le trasformazioni della nostra epoca hanno determinato cambiamenti significativi negli stili di vita individuali e collettivi generando, accanto a nuovi benesseri, anche falsi bisogni e nuove inquietudini. Uomini, donne, giovani e adolescenti super-impegnati, costretti a vivere situazioni sociali, affettive e lavorative di ambizione, di immagine, di efficienza, spesso in realtà sono persone fragili. Il mondo esterno ci schiaccia con richieste insistenti, sostanzialmente ci induce alla ricerca della gratificazione immediata e all'eliminazione di stress, vuoto e noia. Siamo indotti a costruire false immagini di noi stessi per poter stare al passo con i tempi. E se non ci riusciamo abbiamo a portata di mano ricette pronte e falsi conforti.
Le forme di disturbo dell'alimentazione, raggiungono l'apice nella Bulimia e nell'Anoressia, due aspetti contrastanti dello stesso problema che si manifestano con sintomi diversi e meccanismi fisiologici peculiari. Nel primo caso l'assunzione di cibo è eccessiva e frenetica ed è spesso seguita da condotte compensatorie; le "abbuffate" sono organizzate in segreto e consumate in solitudine. I soggetti anoressici, invece, rifiutano il cibo e sono ossessionati dal loro aspetto fisico e dalla paura di ingrassare.
Ma accanto a questi disturbi ormai tristemente famosi, si stanno evidenziando nuove condotte disfunzionali legate all’assunzione di cibo: il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder) ne è un triste esempio.
Questo disturbo si accompagna ad un tono dell’umore depresso, ed è caratterizzato da frequenti abbuffate compulsive  che, a differenza della Bulimia Nervosa, avvengono a giorni alterni e senza condotte compensatorie, come vomito o uso di lassativi,  per cui ci sono giorni in cui si assumono grandi quantità di cibo e altri in cui l’alimentazione è normale o addirittura ridotta. Nei giorni dell’abbuffata, che possono essere tre o quattro in una settimana, si preferisce consumare cibi ricchi di grassi e meno quelli contenenti proteine o fibre. Questa tipologia di cibi favorisce la produzione di serotonina, per cui, inizialmente, il cibo stesso diventa un antidepressivo naturale, salvo trasformarsi, poi, in un ostile nemico di cui non si riesce a fare a meno e che scatena un profondo senso di colpa per la condotta messa in atto.
Il Binge Eating Disorder si ritrova più frequentemente negli adulti tra i 30 e i 40 anni e in modo sostanzialmente uguale nei due sessi; inoltre le persone afflitte da tale disturbo presentano spesso situazioni di sovrappeso e rilevanti fluttuazioni di peso  e mostrano una marcata preoccupazione per il proprio  aspetto fisico. Solitamente non praticano attività fisica, sono prevalentemente sedentari e questi fattori uniti a quelli in precedenza descritti, possono portarli a rientrare nei parametri dell’obesità.
Non dimentichiamo però che, accanto a queste condizioni dichiaratamente patologiche ci sono i casi “mascherati”:  il Disturbo da Alimentazione Incontrollata è la condizione permanente di una situazione che può riguardare tutti.  L’eccessiva gratificazione del cibo per contrastare una situazione potenzialmente depressiva è sicuramente  comune a molte persone.
Ormai la  cultura psicologica ci ha aiutato a comprendere quanto la dipendenza da cibo, come d’altra parte tutte le altre forme di dipendenza, abbia il potere di compensare momentaneamente i vuoti affettivi, lo stress, l’ansia, e quanto questo goffo tentativo sia profondamente legato al nostro “bisogno d’amore” e ad un “buco”, non dello stomaco ma dell’animo. “Riempirsi” di un falso nutrimento diventa un modo di coprire l’insicurezza e il disagio: una pseudo-soluzione per allentare l’ansia ma nel contempo un modo per aumentarla, si passa dal dolce al salato, si finisce e si ricomincia, tutto per non sentire, per non sentirsi..
Possiamo cercare di soffocare il disagio e l’aggressività (rivolta agli altri, ma anche a noi stessi) mangiando, divorando e mordendo, ma nessuna fetta di torta, seppure bella alla vista e dolce al palato, potrà darci un reale piacere quanto il concederci di assaporare la vasta gamma di emozioni che la nostra vita ci elargisce.


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