lunedì 26 novembre 2012

L’ERRORE DI CARTESIO
riappropriarsi dell’unità alla ricerca della salute


Mente e Corpo: nella nostra cultura, i due termini sono radicalmente disgiunti e le uniche possibilità di conciliazione conducono a parole composte come mente-corpo, psico-somatico, bio-psicologico, che evidenziano, anche graficamente, la netta dissociazione tra le due dimensioni dell’essere vivente.
Nasce quindi l’esigenza di individuare un termine che attraversi, contemporaneamente, la fondazione e lo sviluppo tanto dello psichico quanto del somatico. Il concetto che mi sembra esprimere questa funzione di contemporaneità integrativa è quello di relazione.
Cartesio codifica la completa separazione della coscienza e della mente, la Res Cogitans, da quella del corpo e della materia, la Res Extensa. Cartesio era convinto che la mente, l’io pensante, fosse un fenomeno di natura divina, creato da Dio e che solo la religione era in diritto di occuparsene; il corpo, macchina biologica senza anima, poteva essere quindi studiato dagli scienziati senza ledere il privilegio della religione. Ma come la psiche è connessa con il corpo fisico? La scienza occidentale nasce da questa precisa divisione che si sviluppa come studio del solo corpo fisico, della struttura meccanica senza occuparsi della mente, anzi ignorandola completamente o addirittura, secondo alcuni approcci, sostenendone l’insistenza.
Anche la medicina, figlia della scienza moderna, si sviluppa studiando il solo corpo, le sue parti e la sua meccanica, da cui derivano tutte le malattie e dalla cui modificazione farmacologica o chirurgica si può riguadagnare la salute. La mente e le emozioni sono completamente assenti: fino a pochissimi anni fa non solo era sconosciuta ogni forma di interazione tra psiche e corpo, ma anzi, ogni tentativo di evidenziare delle connessioni veniva censurato e ridicolizzato.
Capita a volte, però, che la cultura popolare sia profondamente più saggia della scienza: da Shakespeare alle canzonette popolari di ogni paese, infatti, risulta evidente la connessione che lega le passioni alla gioia di vivere o, al contrario, alla depressione, alla malattia e alla morte. Le persone non si meravigliano se arrossiscono perché imbarazzate o quando un pensiero spaventoso fa battere forte i loro cuori, eppure trovano difficile credere che stati mentali quali solitudine o tristezza possano avere un impatto sui loro corpi. È sconcertante pensare come la scienza medica abbia, per molti anni, tenuto così poco conto di questa innegabile interrelazione.
Negli ultimi anni c’è stata un’esplosione di studi e ricerche che indicano che la mente ed il corpo sono funzioni di un sistema unitario e che gli stati emotivi hanno un’interfaccia corporea, tramutandosi, ad esempio, in una risposta alterata del sistema immunitario. Il passo logicamente successivo è quello di assumere che le emozioni hanno un impatto sulla salute, tanto da richiedere che qualsiasi malattia fisica venga indagata non solo da un punto di vista medico e psicologico, ma anche considerando l'aspetto emotivo che l'accompagna.
La salute è la ricchezza più grande dell’essere umano. Quando viene meno, il “sintomo” è vissuto come una sfortuna incombente, e quando risulta inutile il ricorso alla farmacologia e alla chirurgia, ci sentiamo del tutto impotenti. Negli anni alcuni teorici sono giunti a sostenere che tutte le malattie sono psicosomatiche, proprio perché  psiche e soma non sono che due diversi aspetti di un organismo; la loro funzione è identica a livello energetico, ed è a tale livello che possiamo meglio comprendere la reazione del corpo allo stress. Ma lo stress, di certo, non sfocia necessariamente in malattia. Nel corso della vita siamo soggetti a molti fattori stressanti che siamo in grado di affrontare senza problemi: l’organismo è in grado di fronteggiare quelli più comuni senza che vengano meno le sue normali funzioni.
Con il termine di “malattie psicosomatiche” si intende quell’ampia fascia di patologie che si situano tra lo psichico ed il corporeo, con produzione di una sintomatologia di tipo funzionale ed organico in cui è possibile ravvisare una origine psicologica. Oggigiorno, con i ritmi di vita sempre più veloci ed il moltiplicarsi dei fattori di stress cui ognuno di noi è sottoposto, le malattie psicosomatiche sono in netto aumento e rappresentano le risposte estreme dell’organismo, inteso nella sua interezza di corpo-mente, di fronte a problematiche di natura affettiva ed emotiva e sotto le pressioni di tipo socio-ambientale.
Quando viviamo una situazione emotivamente difficile, un conflitto o un trauma, nella malattia psicosomatica è come  se da un lato avessimo la “mentalizzazzione” di quei contenuti che ci creano il disagio, cioè la loro elaborazione in termini di presa di coscienza, riconoscimento, accettazione, contestualizzazione, insomma la possibilità di viverli a livello psichico, e dall’altro la loro espressione in forma occultata, pur sempre presenti, ma come se fossero codificati in un altro linguaggio, quello corporeo, appunto.
Ecco dunque che il corpo si incarica di comunicare, a sè stessi ed agli altri, “come può”, la presenza di contenuti “disturbanti” per la coscienza, attraverso il ricorso al sintomo fisico. In questo senso specifico, la somatizzazione costituirebbe una sorta di “codificazione” di contenuti affettivi ed emotivi difficilmente (o affatto) mentalizzabili, che altrimenti andrebbero perduti se non venissero, appunto, registrati nella matrice psico-corporea.
Ovviamente il significato dell’unità funzionale del sistema “persona” nelle componenti corporee quanto in quelle psichiche, assume una profonda importanza anche non arrivando necessariamente ad occuparci delle malattie psicosomatiche propriamente dette. Un’attenzione al nostro respiro, alla nostra capacità di esprimere le emozioni e a tutte quelle possibilità che fanno di noi un “tutto unito”, ci porta nella direzione di un vero stato di salute, in cui il nostro corpo non viene più concepito come un mero “insieme di organi”, ma si trasforma in un “corpo vivo”.

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