lunedì 26 novembre 2012

COMUNICAZIONI SCUOLA-FAMIGLIA
rapporti in tras-formazione

Un tempo leggere “comunicazioni scuola-famiglia” rimandava immediatamente ad un paio di immancabili paginette dei diari scolastici di bambini e ragazzi di qualche generazione fa (ma non poi tante), dove gli insegnanti scrivevano vari messaggi e le famigerate “note”, sicuri che l’alunno, di ritorno da casa, avrebbe riportato non solo la firma dei genitori, quanto soprattutto il ricordo di una bella “lavata di testa” per la marachella compiuta.
Questo era un piccolo esempio di quella che oggi appare preistoria: un rapporto di fiducia tra due importanti sistemi, la scuola e la famiglia, che lavoravano insieme per la crescita dei ragazzi.
Il rapporto fra famiglia e scuola, il dialogo fra genitori e insegnanti è oggi spesso faticoso, ed evidenzia, al contempo, processi intrusivi e di delega, dando luogo così un’empasse paradossale. Il primo problema da superare è probabilmente quello di considerare i due istituti come due contenitori separati in compartimenti stagni. Storicamente scuola e famiglia erano realmente separati, per il fatto che la famiglia in passato delegava alla scuola tutta una serie di compiti, ma, riconoscendone l’autorità, ognuno faceva la sua parte all’ interno di un contenitore condiviso.
Ed è proprio l’autorevolezza della Scuola che oggi, unitamente a quella delle altre istituzioni, non viene più riconosciuta: mentre un tempo ci si avvicinava con fiducia a figure che incarnavano “l’autorità”, oggi è il senso stesso delle istituzioni che è andato in crisi, divenendo un qualcosa da cui proteggersi e non a cui affidarsi.
In seguito a questa profonda incrinatura, infatti, i due sistemi faticano a trovare qualche punto di incontro, faticano in una parola a fare squadra. Bisogna perciò rimettere in piedi una relazione fiduciaria, creare un’alleanza per la crescita e lo sviluppo degli alunni.
Viviamo dei tempi dove funzioni e ruoli differenti si sfumano troppo spesso gli uni sugli altri, a volte sovrapponendosi, così da generare un clima di incomunicabilità e confusione. Genitori ed insegnanti oggi di frequente di “sfidano in singolar tenzone”, ognuno proteso ad affermare la sua posizione di potere e di predominanza rispetto all’altro nei confronti di quelli che i primi chiamano figli e i secondi alunni.
La trasformazione della famiglia, alla quale stiamo assistendo, rende palese il ruolo spesso marginale di una figure adulte: l’assottigliamento dei ruoli non è infatti un dato di poco conto, in quanto mina l’autorevolezza dell’adulto che dovrebbe essere testimone di riferimenti, valori e norme utili alla fondazione della persona e quindi della società. Si tratta di un’abdicazione, più o meno avvertita, che condiziona la maturazione dell’individuo in formazione, perché non lo prepara appieno ad affrontare quegli elementi di responsabilità, di impegno e di frustrazione che compongono le scelte del domani.
L’atteggiamento a volte intrusivo di alcune famiglie verso il lavoro degli insegnanti porta questi ultimi a percepire queste azioni come una riduzione del loro campo d’azione; queste intrusioni possono evidenziare una certa sfiducia nella scuola da parte della famiglia e la sua difficoltà di cambiare e provare ad integrarsi ad essa.
Stiamo osservando l’interazione tra due sistemi molto complessi e influenti nella crescita del giovane, che cercano di entrare in contatto, con tutte le difficoltà che tale relazione potenzialmente porta con sé, considerando che la scuola e la famiglia si basano su obiettivi educativi differenti.
Alla luce del quadro fin qui descritto, dovrebbe risultare chiaro che né le conquiste della genetica né la presunta modernizzazione dei sistemi possono aiutare a decodificare o riformulare la famiglia del 21° secolo.
Non è inserendo nuove compagini legali o modificando cornici etiche che si aiutano la famiglia e la società a comprendersi e neppure la Scuola, importante elemento sociale, è in grado di essere l’unica interprete dell’inadeguatezza della famiglia, dato lo stretto legame che le avvicina.
Tocca fermare la corsa consumistica alla novità e rifondare il senso di responsabilità reciproca, puntando sull’educazione dell’adulto per evitare la deriva.
Ciò che emerge chiaro è la necessità di un rapporto docenti-genitori inserito in una prospettiva di ricerca comune: un dialogo vero, che non sia semplice conversazione né dibattito, ma ricerca sui modi in cui pensare la formazione di bambini e ragazzi.
In tale prospettiva assume un ruolo e un significato particolare il tema della responsabilità, nella sua accezione di capacità di rispondere, sia come riconoscimento di se stessi e di ciò che ci sentiamo di essere, sia come riconoscimento dell’altro e del modo di porsi nelle relazioni.
La Scuola, dunque, trova il suo ruolo proprio in questa prospettiva laddove tutela il benessere individuale e sociale. Non può perciò parlare ad una famiglia ipotetica né rivolgersi ad un modello standard di adulto o ignorare le dinamiche sociali e familiari che caratterizzano i nostri giorni e nelle quali il ragazzo è immerso, né si può limitare a rapporti ufficiali Scuola-Famiglia, tesi a mediare l’apprendimento dello studente.
A pensarci bene, del resto, anche la Scuola è a sua volta  composta da adulti, a loro volta provenienti da nuclei familiari, ma di solito, tali adulti, chissà poi perché, non si interrogano su questa dimensione del loro essere, quasi vivessero due realtà estranee, se non dicotomiche, il privato e il lavoro, l’essere persona e l’essere insegnante.
Didattiche, metodologie e programmi d’insegnamento sono in continua evoluzione, contrariamente ad una formazione preconfezionata dell’insegnante/persona, formazione che dovrebbe prendere le mosse da una riflessione comune su quali orizzonti antropologici, psicologici e sociali possono essere condivisi dalla Scuola, ai fini di comprendere con e per quale uomo, quindi con quale famiglia e con quale società, essa intende colloquiare e costruire il domani.
Capire se stessi, per capire l’altro: conoscere per capire e farsi comprendere.
In definitiva, sarebbe auspicabile che la Scuola smettesse  i “panni” del sostegno e della “protesi” sociale per indossare quelli della promozione umana, in quanto, oggi, si tratta di “educare” l’adulto per poter “educare” il bambino.

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